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Artrosi della spalla

Si tratta di un condizione degenerativa della spalla caratterizzata da una progressiva usura sia meccanica che biochimica della cartilagine articolare, delle ossa che compongono l’articolazione e della capsula articolare che avvolge l’articolazione. Man mano che l’articolazione si usura le superfici articolari si assottigliano deformandosi con conseguente dolore e limitazione del movimento. 
Vi sono dei fattori di rischio per l’insorgenza di una artrosi della spalla. Tra questi si riconoscono l’età, le caratteristiche genetiche, il sesso femminile, il peso corporeo, le infezioni dell’articolazione, le precedenti lussazioni della spalla, i traumi, le attività lavorative pesanti, le attività sportive che richiedono l’uso intenso del braccio (pallavolo, tennis ecc.).
Non esistono cure per l’artrosi, tuttavia vi sono diversi trattamenti che possono alleviare il dolore e conservare o migliorare il movimento oltre che rallentarne l'evoluzione.

Anatomia

La spalla è formata da tre ossa: l’omero, la scapola e la clavicola. L’omero si articola con la scapola a formare l’articolazione scapolo-omerale o gleno-omerale. Si tratta di una articolazione esternamente mobile, costituita dalla superficie convessa dell’omero e dalla superficie concava contrapposta della scapola, chiamata glenoide. Queste due ossa sono mantenute a contatto da una capsula articolare che la avvolge e presenta degli ispessimenti che costituiscono i legamenti che hanno la funzione di stabilizzare l’articolazione durante il suo movimento. Il movimento è consentito dalla contrazione dei muscoli che si inseriscono alle ossa attraverso i tendini che, nel caso della spalla, costituiscono un involucro chiamato “cuffia dei rotatori”. Si tratta di 4 tendini uniti tra loro che formano una vera e propria “cuffia” intorno alla testa dell' omero. Anche questi tendini hanno la funzione di stabilizzare la spalla durante i suoi movimenti.
Esiste anche una seconda articolazione nella spalla che è costituita da due ossa: l’acromion e la clavicola. L’acromion fa parte della scapola e si trova al di sopra della testa dell’omero. Questa parte della scapola presenta una superficie articolare che si contrappone alla superficie articolare della clavicola, formando l’articolazione acromion-claveare. Questa articolazione è di piccole dimensioni e ha dei movimenti limitati.
Entrambe queste articolazioni possono andare incontro a degenerazione e quindi all'artrosi.

Descrizione

Ci sono alcune condizioni che possono portare all’artrosi della spalla. Le più frequenti sono le seguenti.

Osteoartrosi
Si tratta di una degenerazione dell’articolazione dovuta alla progressiva usura della cartilagine. Si verifica una progressiva degenerazione e assottigliamento della cartilagine articolare delle superfici contrapposte con deformazione progressiva dei capi articolari. L’articolazione diviene più “stretta” e il movimento si riduce. La cartilagine viene a volte completamente distrutta e le due superfici ossee vengono a contatto tra di loro. Non essendo lisce, queste sfregano tra di loro e provocano dolore. L’articolazione acromion claveare è affetta da artrosi molto più frequentemente della articolazione più grande scapolo-omerale.

Artrite reumatoide
Si tratta di una malattia autoimmune nella quale le cellule immunitarie che agiscono normalmente nella difesa dalle infezioni esterne agiscono invece contro i tessuti dell’organismo. In questa malattia la membrana sinoviale che avvolge l’articolazione e serve a mantenerla lubrificata e a nutrire la cartilagine con il liquido che produce (liquido sinoviale), si altera divenendo più spessa e alterando la produzione del liquido indispensabile al nutrimento della cartilagine e alla sua lubrificazione. Questa malattia interessa simmetricamente le diverse articolazioni del corpo e quindi spesso entrambe le spalle sono interessate.

Artrosi post-traumatica
È l’artrosi che si sviluppa a seguito di un trauma della spalla con fratture o lussazioni.

Artrosi conseguente a rotture della cuffia dei rotatori
L’artrosi della spalla può essere conseguenza anche di una rottura ampia dei tendini che la stabilizzano e che formano la “cuffia dei rotator”. Nel lungo periodo la spalla inizia a non “lavorare” più in modo armonico perché l’omero non è più mantenuto nella sua corretta posizione. L’omero tende quindi a spostarsi verso l’acromion. Questo alterato movimento  causa una precoce degenerazione delle superfici articolari che si deformano e si assottigliano nel tempo. Quando l’articolazione, non più stabile, va incontro ad una progressiva degenerazione, la spalla diviene dolorosa con una conseguente grave limitazione del movimento dovuta sia al dolore che alla alterazione delle superfici articolari e dei tendini.

Necrosi avascolare
Si tratta di una condizione nella quale la vascolarizzazione della testa dell’omero viene interrotta. In questo caso il sangue e quindi il nutrimento delle cellule dell’osso vengono a mancare con la conseguente morte cellulare. In questa situazione la articolazione “crolla” in quanto le cellule non possono più rigenerare l’osso. Si verifica una progressiva e dolorosa degenerazione dell’articolazione che poi si estende dall’omero alla glenoide della scapola la cui superficie viene erosa dell’omero ormai deformato. Nel tempo durante il quale la malattia si sviluppa, aumentano il dolore e la limitazione del movimento
Non sempre è possibile stabilire la causa della necrosi avascolare. Ci sono delle malattie che possono causare una necrosi come l’uso di cortisone in dosi elevate e per lunghi periodi, l’abuso di alcol, alcune malattie del sangue come l’anemia falciforme, i traumi ed in particolare le fratture complesse della testa dell’omero.

 

 

Sintomi

Il dolore è il sintomo principale. Si tratta di un dolore che tende ad aumentare nel tempo è avvertito “profondamente” nell’articolazione e spesso è localizzato posteriormente nella spalla. In genere nelle fasi iniziali è in rapporto al movimento, ma successivamente, con il progredire della degenerazione dell’articolazione è presente anche a riposo e durante la notte. In questi casi anche il sonno può essere disturbato durante la notte. 
Il dolore conseguente ad un’artrosi della articolazione acromion-claveare è localizzato sull’apice della spalla dove a volte si nota una possibile deformazione dell’articolazione che appare come una tumefazione dura alla palpazione. 
La rigidità dell’articolazione è il secondo sintomo più frequente dell’artrosi della spalla. Di norma tutti i movimenti vanno incontro ad una progressiva limitazione e può divenire difficile anche toccarsi la testa. Man mano che la degenerazione dell’articolazione progredisce divengono difficili anche i gesti di tutti i giorni come afferrare un oggetto posto su un ripiano sopra il livello delle spalle o pettinarsi. A volte quando, quando si muove il braccio è possibile avvertire dei “rumori” articolari come di “sfregamento” o crepitio. Progressivamente l’articolazione si blocca e i tentativi di muoverla sono dolorosi.

Diagnosi

TC di una spalla artrosica conseguente alla rottura della cuffia dei rotatori

La diagnosi viene posta sulla base della storia dei sintomi, dell’epoca della loro insorgenza, delle loro caratteristiche, se vi sono stati traumi precedenti anche in età giovanile, se vi sono malattie che possono aver causato l’artrosi ecc.
Alcuni esami sono importanti per porre la diagnosi.
La radiografia è l’esame che più ci da informazioni riguardo all’artrosi. L’esame radiografico ci consente di valutare la presenza di un’artrosi ed il suo stato di avanzamento. Si può valutare il restringimento dello spazio articolare dovuto all’usura della cartilagine e la presenza di osteofiti che sono una formazione di osso ai margini dell’articolazione e rappresentano un tentativo dell’osso di ridurre la pressione sulla sua superficie, aumentando quest’ultima. Inoltre è possibile valutare lo stato di deformazione dei capi articolari contrapposti e la quantità di osso rimasta.
La tomografia computerizzata (TC) ci consente di valutare meglio la perdita ela deformazione dell'osso in previsione di un intervento chirurgico. La risonanza magnetica è utile per valutare le parti molli (tendini, muscoli, cartilagine ecc.) e consente di scegliere un eventuale trattamento rispetto ad un altro.

Trattamento conservativo (non chirurgico)

Inizialmente, dopo la diagnosi di artrosi della spalla, il trattamento non è chirurgico. Dipende dai sintomi e dalla limitazione dei movimenti presente al momento dell’esame e dal livello di degenerazione dell’articolazione.
I provvedimenti che possono essere presi nelle fasi iniziali dell’artrosi della spalla sono rivolti a ridurre il dolore e recuperare il movimento.
Il trattamento iniziale può essere diversificato:
 Evitare tutti quei movimenti che provocano dolore per ridurre gli stimoli dell’infiammazione
 Fisioterapia per mantenere il movimento e ridurre il dolore
 Riabilitazione in piscina con terapista per ridurre l’effetto della gravità
 Farmaci antiinfiammatori non steroidei (ketoprofene, diclofenac, ibuprofene ecc.)
 Infiltrazioni: possono ridurre notevolmente il dolore, ma la loro efficacia è limitata nel tempo
 Applicazione di ghiaccio locale nei periodi di maggior dolore per circa 20 minuti e per 2-3 volte al      giorno può aiutare a ridurre il dolore

 

Trattamento chirurgico

Rx di artrosi eccentrica della spalla per rottura della cuffia dei rotatori

Quando il trattamento conservativo e quindi non chirurgico, non porta sufficienti benefici e il dolore persiste o aumenta, allora si può prendere in considerazione l’intervento chirurgico.
Nelle fasi iniziali dell’artrosi è possibile effettuare un tentativo di ridurre il dolore con l’artroscopia. Questo tipo di intervento mediante l’introduzione di una piccola telecamera all’interno dell'articolazione permette con strumenti di piccole dimensioni e quindi per via mini-invasiva di “pulire” l’articolazione. In genere è indicato in pazienti che hanno un età che va dai 50 ai 60 anni con dolore moderato e con una limitazione del movimento significativo e in peggioramento. In questi casi, oltre a “pulire” l’articolazione si può associare anche la sezione della capsula per consentire la ripresa del movimento il più possibile. Tuttavia questo tipo di trattamento ha effetti limitati nel tempo è non può né arrestare né tanto meno eliminare l’artrosi. Si tratta di una chirurgica eseguita nel tentativo di posticipare nel tempo la necessità di interventi più invasivi.
Nelle fasi avanzate dell’artrosi della spalla è possibile ricorrere a trattamenti chirurgici più invasive. Questi sono caratterizzati dalla sostituzione dell’articolazione degenerata con una protesi.

Vi sono diversi tipi di protesi che possono essere impiegati in caso di artrosi della spalla.
„« Endoprotesi. In questo tipo di intervento viene sostituita solo la parte articolare dell’omero con una componente metallica (titanio, lega di cromo –cobalto), mentre la porzione articolare della scapola (glenoide) non viene sostituita
„« Artroprotesi totale. Quando sia la parte articolare dell’omero che della scapola (glenoide) vengono sostituite si parla di artroprotesi totale. Di solito si utilizza una parte metallica per l’omero e una parte in polietilene (plastica ad alto èpeso molecolare) per la glenoide. La protesi dell’omero può essere cementata con cemento acrilico o oppure introdotta dell’omero a pressione, dipende dalle preferenze ed esperienze del chirurgo. La parte della glenoide può essere cementata direttamente all’osso o inserita su un supporto metallico che viene e ancorato all’osso con un perno e delle viti. 
„« Artroprotesi inversa. In questo tipo di protesi le superfici articolari della protesi sono invertite con una concavità dell’omero e una convessità della glenoide. L’esatto opposto di quanto avviene dell’artroprotesi totale. In questi casi la parte articolare che sostituisce la glenoide può essere in metallo o in plastica (poietilene) e la parte articolare dell’omero sarà in plastica o metallo a seconda che la parte della glenoide (detta glenosfera per le sue caratteristiche di emisfera) sia in metallo o in polietilene (plastica) che si articola con la glenoide di materiale. Di norma questa protesi viene impiagata quando i tendini della cuffia dei rotatori è rotta e non può più mantenere la protesi stabile. La protesi inversa ha dato buoni risultati anche nel caso di pazienti anziani oltre i 65-70 anni di età anche quando la cuffia dei rotatori è funzionante. Lo scopo principale nell’uso della protesi inversa in caso di artrosi è di consentire il movimento della spalla senza dolore e grazie alla azione di altri muscoli come il deltoide (muscolo che ricopre la spalla) quando i tendini della cuffia dei rotatori è rotta e non funzionante.


Nel caso di artrosi della articolazione acromion-claveare l’intervento è estremamente semplice e rapido in quanto si tratta di asportare un piccolo frammento inferiore al centimetro della parte più laterale della clavicola. Lo spazio che rimane libero verrà colmato da cicatrice non dolente. L’intervento può essere eseguito anche in artrosopia.


Riabilitazione post-operatoria. Di norma dopo un intervento di artroprotesi di spalla sia anatomica che inversa I tempi di recupero sono variabili a seconda del tipo di intervento, delle condizioni dell’osso, della tecnica impiegata per quel tipo di protesi. Normalmente noi iniziamo il movimento passivo il giorno dopo l’intervento usando un mobilizzatore passivo per circa 20 minuti per 2 volte al giorno e per circa 20 giorni. Contemporaneamente all’uso del mobilizzatore vengono eseguite dopo la dimissione che avviene di norma in terza giornata postoperatoria, un terapista della riabilitazione eseguirà una terapia per il recupero precoce del movimento. Se durante l’intervento sono stati reinseriti dei frammenti di osso o ricostruiti dei tendini si dovranno evitare i movimenti attivi le agiscono sulle strutture suturate per permetterne la loro cicatrizzazione. Questa avviene nell’arco di un mese. In questo periodo è necessario sostenere il braccio con un reggi braccio a sacchetto che potrà essere dismesso quando si inizia il movimento attivo.

 

Complicanze

Come tutti gli interventi possono esservi delle complicanze come l’infezione, il sanguinamento, le trombosi venose, le lesioni dei nervi e dei vasi. Queste complicanze sono tuttavia rare e in genere non eccedono il letteratura l'1% dei casi operati.


La durata di una protesi è variabile da caso a caso. Secondo i dati della letteratura se non si verificano complicanze, le protesi anatomiche possano funzionare per oltre 15 anni, mentre le protesi inverse hanno una durata che si aggira intorno ai 10 anni in quasi il 90% dei casi.

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Dott. Andrea Miti
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